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Martina è una giovane studentessa di filosofia al 2° anno. E' affetta da diabete insulinodipendente da quando aveva 13 anni che tratta con insulina e non ha altre patologie di rilievo. Viene in Pronto Soccorso accompagnata dalla madre che la vede molto stanca e svogliata.
E' pallida e presenta un respiro decisamente frequente, sicuramente più di 25 atti al minuto pensate solamente guardandola in faccia.
La pressione arteriosa non è molto rassicurante, 90 mmHg la massima e 70 mmHg la minima, decidete di monitorarla in saletta di emergenza.
Intanto che gli infermieri posizionano elettrodi, tubini e quant'altro decidete di approfondire l'anamnesi. Martina ha lasciato da poco il fidanzato, all'università va "cosi-così" e da circa una settimana ha smesso di assumere insulina. Ha recentemente avuto una sindrome influenzale febbrile e negli ultimi giorni va spesso in bagno a fare pipì ed avverte molta sete.
Si sente molto stanca e preferisce rimanere a letto da ieri, "sarà la depressione, dottore" vi dice.
I parametri sono i seguenti:
- PA 90/70
- FC 102/min
- SaO2 99% (aria ambiente)
- FR 32/min
Cute e mucose sono secche, per il resto nulla di rilievante.
Date disposizione al vostro infermiere di prendere una via di grosso calibro (almeno un 18G) e di iniziare una terapia con soluzione fisiologica 500 ml ev. Effettuate un'emogas arteriosa.
Per quanto mia nonna abbia insistito parecchio sull'educazione, perchè "un medico deve essere sempre una persona educata e gentile" non riesco a fare a meno di pensare che "adesso sono c@##i ...".
E' presente una acidosi molto grave e cerco di capire se mi trovo di fronte ad un disturbo semplice o complesso. Inizio a fare qualche calcolo, pasticcio un po' con il telefonino e penso a voce alta: " Questa è una acidosi metabolica compensata a GAP aumentato ". " Compensata con quesl pH ?!! " - dice Valentina, una collega che sta per darmi il cambio al pomeriggio. In effetti la domanda è molto interessante. Come può essere compensata una paziente che ha una grave acidosi con un pH addirittura inferiore a 7? In effetti con la parola "compenso" si intende il compenso da parte del sistema opposto a quello del disturbo primario. In questo caso il polmone compensa pienamente il disturbo acuto (Acidosi Metabolica). Con un bicarbonato di 1.7 mEq/l la pCO2 attesa in un disturbo semplice è di circa 12 mmHg compatibile con quella della paziente.
La glicemia è molto elevata (> 750 mg/dL) e, nonostante l'acidosi, purtroppo il potassio è soltanto 3 mmol/L. "Probablimente la poliuria non l'avrà aiutata" - penso.
Ci troviamo di fronte ad una chetoacidosi diabetica e dobbiamo fare qualcosa.
Il primo e più importante provvedimento è il reintegro volemico.
La perdita di liquidi stimata può essere calcolata con diverse formule, tuttavia in questi casi avere una stima precisa è molto difficile. Si pensa che in una chetoacidosi grave la perdita stimata si aggiri attorno a 6-9 litri. Il reintegro deve essere effettuato in 24-36 ore con il 50% nelle prime 8-12 ore basandosi sulla diuresi e sui parametri clinici e laboratoristici.
Inizio ad infondere 1 litro di NaCl 0,9% rapidamente (20 minuti) ed i bassi valori di di potassio mi obbligano ad infondere potassio cloruro ev prima di intraprendere la terapia insulinica. Infondo 20 mEq di KCl in sol fis 500 ml in 60 minuti nel secondo accesso venoso che ho fatto reperire. Il pH è molto basso e ricordo dagli studi di biochimica che le proteine, quando si trovano ad un pH non ottimale, tendono a perdere la loro normale conformazione tridimensionale e perdono quindi le loro funzioni. Gli enizimi sono proteine ed i muscoli (tra cui il cuore) hanno bisogno di enzimi per funzionare. Mi rendo conto che devo ottimizzare il pH e subito un pensiero oscuro mi assale: "attento al bicarbonato che fa aumentare la pCO2 e fa solo casino!".
Faccio chiarezza con me stesso e cerco ancora tra i meandri del mio analfabetismo di ritorno. Il bicarbonato è NaHCO3 e sciolto nel sangue libera Na+ e HCO3-. Il sodio richiama acqua e provoca sovraccarico di volume (non può farmi che comodo visto che la paziente è ipotesa - penso) e l'HCO3 reagendo con OH- diventa H20 e CO2. L'anidride carbonica può, in effetti, accumularsi e questo può provocare carbonarcosi (e non è bello). Il problema, tuttavia, si verifica solo nel paziente che non è in grado di eliminare la CO2 in eccesso con la ventilazione ed è questo il motivo per cui non si deve trattare l'acidosi respiratoria con il bicarbonato: perchè il paziente non riesce a ventilare bene e non può eliminare il carico di CO2 provocato dalla somministrazione di bicarbonato ev.
Ma nulla vieta di trattare un paziente con acidosi metabolica con bicarbonato, anzi in questi pazienti riportare il pH a volari dignitosi utilizzando tutti i mezzi che abbiamo è più che auspicabile.
Somministro 1 mEq/kg di bicarbonato ev in infusione rapida, Martina pesa circa 50 kg, perciò somministro 50 ml di bicarbonato di sodio all'8,4%.
Ripeto un emogasanalisi il potassio è 3,9 mmol/L ed il pH è salito a 7,11. Respiro un po' meglio anch'io e la mia tachicardia migliora.
Mi decido quindi ad iniziare la terapia insulinica per via endovenosa che prima non volevo iniziare per via dell'ipokaliemia. Per valori di potassio inferiori a 3,3 mmol/l di potassio, infatti, somministrare insulina ev può essere pericoloso poichè l'insulina favorisce il passaggio di potassio all'interno delle cellule determinando ipokaliemia sierica, con rischio di aritmie.
Faccio preparare una pompa con 50U di insulina rapida in FIS 50 ml (diluizione: 1U/1ml) a 5 ml/ora (0,1 U/kg/ora) e faccio posizionare un catetere vescicale per monitorare la diuresi. Finito il primo litro di fisiologica faccio partire il 2 litro e dopo un'ora i parametri sono migliorati e la paziente riferisce di sentirsi "un po' meglio".
La paziente viene ricoverata in rianimazione e trasferita in endocrinologia dopo stabilizzazione in seconda giornata di ricovero.
Per approfondimenti:
Per un aiuto nell'interpretazione dell'emogasanalisi arteriosa: