Ed è questa la cosa bella della medicina d'urgenza: il coinvolgimento di molte figure che tra loro collaborano o che dovrebbero farlo. Però, secondo me, è importante che anche il personale sanitario non specialista in cardiologia sia competente in questioni di ECG per diverse ragioni: la prima perchè è molto bello, la seconda è perchè parlare la stessa lingua dello specialista a cui fai una domanda aiuta nella comprensione e la terza è che l'ECG è un'indagine veramente alla portata di tutti e non saperlo interpretare al giorno d'oggi è un po' come non sapere parlare l'inglese: molto scomodo in alcune occasioni.
E' così mi capita sottomano l'ECG che sto per proporvi. Lo guardo. Sospiro. Mi viene un'idea geniale ma è quella sbagliata.
E così non mi rassegno ed inizio a studiare e a chiedere a chi ne sa più di me per trovare una soluzione ed ora voglio condividere questo ECG molto didattico con tutti voi.
Questo ECG appartiene ad un signore che chiameremo Carlo che si presenta in pronto soccorso per stanchezza e sensazione di malessere. E' iperteso ed assume unicamente amlodipina.
Una volta che avrete abbassato le sopracciglia e riportato la testa in posizione neutra potremo cominciare a ragionare insieme.
Allora, un'ECG difficile altro non è che un ECG che si presta a più soluzioni possibili. Indaghiamole tutte e procediamo per esclusione.
Innanzitutto i complessi QRS sono presenti e questo ci rasserena. La frequenza cardiaca è 54/min pertanto ci troviamo di fronte ad una bradicardia.
La frequenza si calcola osservando il valore sul monitor o sull'ECG ma, se come in questo caso non è disponibile, è possibile utilizzare la seguente formula:
FC = 60/(n. quadratini piccoli tra due QRS x 0,04)
Utilizzando tale formula otterremo:
FC = 60/(28x0,04)= 54/min
I complessi del QRS sono stretti, il ritmo è sopraventricolare.
Il ritmo a prima vista sembrerebbe regolare ma ad un'occhiata attenta è possibile vedere che il primo complesso dista dal secondo ad una distanza minore rispetto ai precedenti. Il ritmo è quindi irregolare.
Le onde P sono presenti, hanno tutte la stessa morfologia ma non tutte vengono condotte. Ci troviamo di fronte ad un blocco atrioventricolare.
La cosa più importante è escludere in prima battuta le aritmie pericolose per la vita, in primis il BAV totale.
Il criterio principale per diagnosticare un BAV totale (o di 3° grado) è dato dalla presenza di dissociazione atrio-ventricolare: le onde P devono avere una loro frequenza regolare e costante, i QRS devono avere una loro frequenza regolare e costante senza influenzarsi tra loro, ciascuno "va per gli affari suoi" cioè non devono esservi mai P condotte. Questo implica che nella, maggior parte dei casi, l'intervallo PR cambierà sempre. In questo caso tale evenienza non si verifica: sono presenti onde P molto vicine al complesso QRS con un intervallo PR costante, per quanto molto corto. Inoltre i ventricoli non hanno una loro frequenza fissa e regolare dal momento che l'intervallo tra il primo ed il secondo intervallo differisce dagli altri. Non è quindi possibile interpretare i complessi QRS come secondari a ritmo di scappamento: le onde P in qualche modo conducono. Possiamo quindi escludere il BAV totale.
Andiamo quindi al passo successivo, abbiamo appurato che vi sono P condotte e P non condotte, vediamo con che rapporto. Per fare ciò è sufficiente contare il numero di onde P che precedono il QRS. Guardando V1, che è la derivazione in cui le P si vedono meglio, noteremo dapprima una conduzione 4:1 (4 onde P ed 1 QRS) seguito da una conduzione 3:1. Ci troviamo quindi di fronte ad una tachicardia sopraventricolare (complessi stretti) a conduzione variabile.
Non dobbiamo farci prendere dall'ansia del blocco atrio-ventricolare di II grado Mobitz 2 ad alto grado che richiederebbe il posizionamento di un pace-maker poichè il PM si posiziona solo se il BAV avanzato è espressione di un malfunzionamento del nodo atrio-ventricolare.
In questo caso invece il nodo atrioventricolare svolge una funzione protettiva, se facesse passare tutti gli impulsi atriali avremmo, infatti, una tachicardia pericolosa per la vita. Quando facciamo diagnosi di BAV ad alto grado non possiamo non considerare la frequenza atriale. In questo caso la frequenza atriale è 214/min (60/(7x0,04)).
Andiamo a valutare le possibili aritmie che provocano tale alterazione cominciando ad escludere quelle che non sono implicate.
Le tachicardie da rientro che coinvolgono il nodo atrioventricolare come la tachicardia da rientro nodale (TPSV o AVRNT) e la tachicardia da rientro atrio-ventricolare (AVRT o WPW) le possiamo escludere poichè sono caratterizzate da un complesso QRS ed una sola onda P (detta P') la quale, tra l'altro, spesso non è visibile. Qui vi sono troppe onde P tra i complessi QRS per soddisfare tale criterio.
Ci troviamo quindi di fronte ad una tachicardia atriale, un gruppo eterogeneo di aritmie a partenza atriale i cui meccanismi elettrofisiologici più rappresentati sono dati da esaltata automaticità (esiste un focus atriale ectopico che scarica ad elevata frequenza) o da micro o macrorientro (tra cui il flutter atriale).
Il flutter atriale è una tachicardia atriale da macro-rientro (il tessuto coinvolto supera spesso il centimetro) che coinvolge le parete dell'atrio destro, l'anulus della valvola tricuspidalica ed il setto interatriale. Tale tipo di rientro caratterizza il flutter "tipico" o di tipo I e può avvenire in senso antiorario o orario (reverse flutter)
Come è possibile vedere dall'immagine questo circuito di rientro di tipo "circolare" evidenzia bene come gli atri siano sempre "in movimento" in corso di flutter e non presentino mai un momento di riposo. Questo è il meccanismo che spiega la formazione delle onde di flutter (onde F) che presentano un aspetto a dente di sega, prive cioè di una linea isoelettrica (di riposo) tra un onda e l'altra. La presenza di una linea isoelettrica tra due onde P è il principale criterio ECG-grafico per fare diagnosi differenziale tra flutter tipico e tachicardia atriale.
Se il circuito di rientro è di tipo antiorario (80-90% di tutti i flutter) l'aspetto a dente di sega nelle derivazioni inferiori è a polarità negativa mentre in V1 le onde P sono positive. Nel caso opposto (reverse flutter) è vero il contrario.
Flutter tipico "senso antiorario": onde F negative in II e positive in V1
Flutter tipico "senso orario": onde F positive in II e negative in V1
Il flutter tipico ha una frequenza atriale compresa tra 240-340/min, tipicamente 300/min. La maggior parte dei flutter tipici hanno una conduzione 2:1 in questo modo la frequenza ventricolare è circa 150/min.
Per complicare ulteriormente le cose esiste un'altra forma di flutter che viene detto atipico o di tipo II quando non soddisfa i due criteri sopra esposti per il flutter tipico (normale o reverse). La frequenza delle onde F nel flutter atipico è di solito maggiore (340-440/min).
Per "tornare a bomba" nel nostro ECG non vi sono i criteri per diagnosticare un flutter tipico a conduzione variabile poichè sono assenti le onde a dente di sega in D2 (sia positive che negative) e perchè la frequenza delle onde P è 214/min (inferiore ai 240/min richiesti). Per lo stesso motivo anche il flutter atipico, che presenta frequenze maggiori può essere escluso.
Possiamo quindi giungere a conclusione che si tratti di una tachicardia atriale a conduzione variabile. Tale ipotesi diagnostica viene rinforzata dal fatto che nell'intervallo tra due onde P è spesso presente una linea isoelettrica.
Chiaramente si tratta di un'ipotesi diagnostica e, come ben sapete, ogni tracciato che si rispetti possiede sempre almeno due interpretazioni differenti possibili. Come al solito ogni contributo, tentativo di confutazione o ragionamento è bene accetto.
Bibliografia
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Rowland's, Interpretazione dell'elettrocardiogramma. Pro.Med.